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Nuoto e Disabilità: un approfondimento per i formatori

La Lega nuoto punta tutto sulla formazione dei suoi tecnici-educatori. Lo aveva annunciato in una precedente intervista il presidente nazionale Massimo Tesei che ha programmato per il 3 e il 4 dicembre a Senigallia il secondo appuntamento di didattica. Si tratta di un corso rivolto ai formatori che avranno poi il compito di trasferire agli operatori locali ciò che apprenderanno. 
Elena Colombo, responsabile regionale della formazione Lega Nuoto Piemonte,da 12 anni lavora nel settore delle disabilità, un’area che è destinata a diventare uno degli elementi d’identità del settore. Sarà lei ad intervenire all’appuntamento con una lezione che – anticipa - inizierà con un interrogativo. A cosa serve quel che so? Al centro quindi, sarà la condivisione di esperienze. 

“Negli ultimi anni, abbiamo approfondito la proposta Uisp delle attività rivolte ai bambini disabili con patologie lievi, medie o gravissime – racconta la Colombo - Abbiamo lavorato anche con bambini della neuropsichiatria. La disabilità, secondo noi della Uisp, va affrontata anche con l’inserimento dei piccoli in un contesto ludico di gruppo che unisce normodotati e disabili, in uno scambio reciproco di emozioni, capacità diverse”. 

Qual è il ruolo del nuoto nel mondo della disabilità?
“E’ uno strumento per l’acquisizione della consapevolezza del proprio corpo. Un concetto del tutto soggettivo, così come il percorso che deve studiare il formatore ogni volta che si trova davanti un piccolo nuotatore. Ognuno di loro ha delle capacità innate, un senso di acquaticità più o meno sviluppato. Creando i presupposti per lo star bene in acqua, i bambini affetti ad esempio da tetraparesi o menomazioni gravi, prendono il volo in acqua. Creano dei movimenti che diversamente non creerebbero a terra. La nostra proposta, con l’acqua e attraverso l’acqua, fa sì che si possano avere miglioramenti a livello psicologico, fisiologico, cardiologico, muscolare, respiratorio con effetti sorprendentemente positivi anche sui movimenti quotidiani, a terra, per tutta la vita. L’acqua è un elemento che può essere facilitante ma anche fastidioso, soprattutto nei primi step. L’impatto con l’acqua può essere anche forte, difficile. Stimola anche immaginari psicologici se pensiamo che è un elemento tangibile ma non afferrabile”. 

Quali qualità deve possedere un buon tecnico-educatore? 
“Deve essere un attento osservatore, deve saper valutare la storia motoria del bambino, deve saper fare e soprattutto aspettare. L’attesa di un piccolo miglioramento è spesso lunga, anzi può essere lunghissima. Ma quando arriva, è una grande vittoria. E’ come se avessimo sfondato le mura di una città. Tutto passa però attraverso il sapere e il fare. Solo così, si potrà essere un buon tecnico-educatore. Credo poi, che ognuno di noi ha le proprie disabilità reali, mentali, soggettive. Ognuno di noi ha fobie o diversità”.